Pubblico volentieri un mio articolo apparso sul giornalino della scuola media superiore dove insegnavo, risalente al 2001. Credo che mantenga tutta la sua attualità.
La scuola forma, educa, orienta i giovani allo sviluppo delle qualità personali, anche in funzione del lavoro futuro.
Non avendo mai letto gran che di diverso nei documenti e nei testi a carattere pedagogico sulla “nuova scuola”, provo con un po’ di presunzione ad aggiungere io un elemento in più, attingendo non ai “maestri” della scuola e delle riforme, agli esperti di formazione e di educazione, bensì a mio nonno, piccolo imprenditore nato nell’Ottocento!
L’insegnamento che mi è rimasto, dopo tanti anni dalla sua scomparsa, si sintetizza tutto in un piccolo aggettivo che qualifica il termine “lavoro”: quell’aggettivo è “onesto”.
Cosa significa lavoro onesto? Poche cose: un impegno costante e proficuo per realizzare obiettivi compatibili con gli altri che ci vivono intorno. In una società che corre, ne abbiamo veramente bisogno.
Lavorare per danneggiare gli altri non è onesto; lavorare pretendendo compensi e onori sproporzionati non è onesto; non lavorare e vivere alle spalle degli altri non è onesto; denigrare il lavoro degli altri non è onesto. Punto e basta. A me sembra, per di più, che l’onestà sia un valore cristiano e, in quanto tale, da perseguire con discrezione.
Vogliamo provare, noi docenti, ad aggiungere nei nostri obiettivi didattici e pedagogici l’educazione al lavoro “onesto”?
Non credo di affermare cose nuove dicendo che l’onestà è la base di qualsivoglia comportamento civile e la scuola ha l’obbligo di educare all’onestà.
Leggi pure: PERICLE – DISCORSO AGLI ATENIESI, 461 A.C. https://giuseppesalvato.it/?p=678
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