PREMESSA NECESSARIA
Paure e debiti: ma che fine hanno fatto gli utili? Il titolo non è affatto rassicurante e, di conseguenza, questo articolo è per i forti di cuore: vuole segnare un solco preciso sulle cose da fare, prima di ogni cosa.
LA PAURA DEI FARMACISTI
La paura dei farmacisti non è solo connessa al mutato clima sociale; questo è un fattore estrinseco a cui se ne associa uno interno: la paura dell’indebitamento. Voglio parlarne in questo momento perché non poche farmacie sono attanagliate da debiti ingenti. E quindi occorre fare una riflessione puntuale. Intanto voglio condividere con te l’idea che il concetto di “paura” e il connesso concetto di “debito” rappresentano due solide catene a cui, in determinati momenti della nostra vita, ci siamo sentiti legati: la prima è una catena intangibile, nascosta dentro di noi; la seconda è una catena tangibile, quantificabile contabilmente.
Quindi, perché il debito possa essere affrontato, vanno chiariti alcuni elementi che non hanno a che fare con i bilanci, né con le forme di finanziamento che offre il mercato. Ma procediamo con ordine.
ACCUMULARE DEBITI
Come già ha scritto qualcuno, raramente sono le circostanze a causare problemi di insolvenza. Né si deve pensare che ad accumulare paure e debiti siano solo i soggetti meno abbienti: paure e debiti, sicuramente, non riguardano solo costoro. Sebbene gli imprevisti possano mettere le persone di fronte a complicazioni finanziarie, la maggior parte degli individui indebitati si trova in difficoltà per una mentalità compulsiva.
Spendono senza controllo e sono alla costante ricerca di finanziatori per mettere una toppa su precedenti debiti contratti. Sono soliti nascondere le proprie difficoltà, magari continuando a mantenere il precedente tenore di vita, e si giustificano classificandosi tra i “casi speciali”. Anche potendo risolvere la situazione con un’entrata extra o un maggior guadagno, i debitori tendono a indebitarsi a un livello maggiore.
Per uscire da questa spirale occorre innanzitutto avere piena consapevolezza di trovarsi di fronte a un problema; cosa non necessariamente scontata atteso che molta gente si indebita pensando semplicisticamente di pagare tutto con le entrate future (e se si tratta delle entrate della farmacia si confondono i denari che sono di nostro appannaggio con quelli che appartengono ai fornitori, allo Stato, ai dipendenti e così via).
Poi bisogna constatare come nessuno ci obbliga a indebitarci, se non noi stessi e ciò ci conduce a riflettere sul fatto che può essere salutare il cambiare atteggiamento verso il denaro e il modificare le nostre abitudini quotidiane. È facile lasciarsi trascinare in un vortice di emozioni negative: ad esempio, puoi cominciare a credere di non valere nulla o di non avere speranze.
DEBITI IN BILANCIO
A questo punto, però, devo aggiungere un pensiero “forte”: come fa una farmacia, azienda che storicamente registra maggiori entrate rispetto alle uscite, a veder indebitato il proprio bilancio? Giustificazione: “La ASL non paga se non dopo mesi di ritardo!”. Paure e debiti: cosa alimenta cosa?
Mi viene in mente, tuttavia, una semplice considerazione: dopo anni di gestione (a volte da parte di generazioni di farmacisti) è possibile che non riesci a finanziarti con mezzi propri? Sto parlando nel 2012, con i cambiamenti in atto e gli effetti finanziari già in corso; eppure il debito è un valore che si accumula nel tempo, quindi ha poco a che fare con i risultati economici di singoli anni!
Ma voglio andare oltre: chi ha consentito l’indebitamento delle farmacie italiane? Un titolare finanziariamente distratto? Una ASL poco puntuale? Un istituto di credito che incentiva con tassi agevolati i propri prodotti? Un partner spendaccione? Un fornitore con proposte luccicanti? Una scarsa conoscenza e interpretazione del bilancio d’esercizio? La politica (che nel costume italiano c’entra sempre)? Ovvero un mix più o meno variegato di tutto questo e forse di altro?
ANDARE A CERCARE LA PAURA
Diciamo, per giungere a una prima conclusione, che un po’ la paura ti viene “gettata” addosso dall’esterno (disposizioni di legge, mutato contesto socio-economico), un po’ te la vai a cercare con atteggiamenti non coerenti con lo stato della realtà (mancato controllo delle finanze). Se ne deduce che nell’affrontare il “nuovo mondo” il farmacista, in aggiunta alle istituzioni, deve sfidare un secondo ostacolo: se stesso! Ma abbiamo detto che la farmacia è, ancora oggi, capace di produrre utili. Parliamone.
In un precedente mio scritto sul controllo di gestione, e nei miei corsi relativi, c’è una parte che ho intitolato: “Dimmi che patrimonio hai e ti dirò chi sei”. Non è presunzione, la mia, e neppure chiaroveggenza, ma qualcosa che il tuo commercialista conosce benissimo e che attiene alla diffusissima abitudine di prelevare tutti gli utili prodotti annualmente, con una conseguente scarsa capitalizzazione dell’azienda, limitata il più delle volte al conferimento fatto all’inizio dell’attività: in una parola, briciole!
CAPITALIZZARE L’AZIENDA
Capitalizzazione dell’azienda significa, in buona sostanza, l’ammontare dei capitali conferiti e degli utili non prelevati negli anni dal titolare che, pertanto, vanno a finanziare gli investimenti, i crediti e il magazzino della farmacia. Se ad essi non ci pensa una buona capitalizzazione, vi provvederanno matematicamente i capitali di terzi, cioè quei debiti crescenti di cui abbiamo appena parlato.
“Dimmi che patrimonio hai e ti dirò chi sei” significa, così, che per quantità complessiva del suo ammontare e per consistenza delle singole voci che lo compongono, il bilancio della farmacia tradisce i comportamenti spesso superficiali del suo titolare, rappresentando una traccia indelebile delle sue abitudini.
Se mensilmente sei solito prelevare dalla gestione una certa somma di denaro per le esigenze familiari, la cosa è assolutamente legittima e normale, fintantoché tale prelievo si parametrizza alla variabilità degli utili prodotti annualmente dalla farmacia. Nella realtà, purtroppo, ho visto spesso un approccio contrario, parametrizzandosi i prelievi alle necessità (fisse) del titolare.
La conseguenza sta scritta sempre nel bilancio. Prendi il raggruppamento dei crediti nello stato patrimoniale e nota se vi trovi una voce che suona pressappoco così: “Crediti verso il titolare”, ovvero “Titolare conto prelievi”. Ne leggi la cifra corrispondente?
Bene, accomodati pure in poltrona così da avere il giusto supporto in caso di mancamento: a meno di operazioni in queste righe non prevedibili, quella somma è pari alla differenza tra i tuoi prelievi, negli anni, e gli utili corrispondenti. Ti posso garantire, per quella che è la mia esperienza, di aver letto anche importi corrispondenti a diverse centinaia di migliaia di euro…
CONFUSIONE FINANZIARIA
Un’aggravante di tale fenomeno è la grande confusione che il titolare fa tra il denaro del cassetto e il denaro personale: si tratta di soldi “tuoi”, ma che devono vivere separatamente il più possibile, come due tasche del medesimo pantalone. Contrasta l’abitudine di metter le mani ovunque stia del denaro. Un’abitudine, se non contrastata, presto diventa una necessità (Sant’Agostino).
In psicologia viene definita “adattamento edonistico”: l’abitudine è il nemico numero uno della felicità; infatti, inizialmente si prova più piacere nel comportarsi in una certa maniera a causa della liberazione di endorfine cerebrali, dopodiché si sviluppa l’assuefazione, come avviene con l’assunzione di alcool o con il vizio del gioco d’azzardo.
E poi, rammenta che i soldi del cassetto non sono davvero i tuoi o, prima di esserlo, appartengono ai tuoi fornitori, alle tue banche, ai tuoi dipendenti e allo Stato (e al tuo partner!). E guai a toccarli prima… Deposita l’incasso della giornata interamente sul conto corrente aziendale e ne trarrai beneficio anche sul piano dei controlli fiscali.
ONERI FIGURATIVI
Per rendere il mio farmacista edotto delle conseguenze del suo comportamento, utilizzo la rappresentazione degli “oneri figurativi”. Bada bene, non sono una mia invenzione, ma una classificazione della dottrina ragioneristica. Si riferiscono agli emolumenti direzionali per il lavoro da te svolto (devi includere anche l’imposizione fiscale e la contribuzione previdenziale) e ai mancati introiti sul capitale proprio investito nell’attività e per la concessione in uso gratuito di locali attigui alla farmacia, a favore di medici.
Si chiamano così in quanto non appaiono in bilancio e, per ciò che concerne il tuo emolumento, sono inclusi tra gli utili; ma siccome anche questi ultimi contengono una componente “stipendiale” per il lavoro svolto e una “imprenditoriale” per il rischio economico sostenuto, in prima approssimazione sono solito prendere i tuoi prelievi mensili a fini personali e includerli tra i costi fissi. E se tali prelievi sono a fine anno superiori agli utili… comincerai ad accorgerti che sei tu a costare troppo per la tua farmacia!
LE SPESE STRUTTURALI
Al termine di questo calcolo gli oneri figurativi possono rappresentare una percentuale interessante rispetto ai ricavi di vendita. Seppur col beneficio d’inventario, per le numerose osservazioni fatte “sul campo” credo di non discostarmi molto dal vero se ti parlo attualmente di un 6-10% dei ricavi di vendita complessivi (netto IVA), per una farmacia di medie dimensioni (1.200-2.000.000 di ricavi di vendita).
E se consideriamo che gli altri costi fissi, quelli prelevati dal conto economico, ammontano ad almeno un altro 15%, il gioco è presto fatto per capire che ci sono settori come l’etico che ad oggi non ce la stanno facendo più a sostenere le spese strutturali e ti stanno “chiedendo” di risparmiare. Ed ecco il manifestarsi lo spettro rappresentato da paure e debiti…
Per di più gli oneri figurativi, a differenza delle altre spese a carattere generale, sono direttamente e totalmente dipendenti dalle tue scelte (mentre la luce, il telefono, il personale necessario, le locazioni, gli ammortamenti dei beni strumentali,… sono meno modulabili e gestibili, almeno nel breve periodo).
Allora mi ripeto: nelle valutazioni economiche devi sommare il costo del tuo emolumento complessivo e il valore di eventuali comodati d’uso agli altri costi fissi e generali, se vuoi avere una valutazione più oggettiva della redditività del capitale investito e del rischio d’impresa.
CONCLUSIONI
Paure e debiti. E se i debiti cumulati nel tempo sono tanti e il reddito prodotto annualmente è insufficiente per ridurli, qual è la via d’uscita? Ebbene, che ti piaccia o no la strada è quella segnata dai cicli economici ed oggi è venuto il momento di vendere qualche gioiello di famiglia (accumulato durante il ciclo positivo) e di finanziare la farmacia. Lo fai per il suo equilibrio finanziario, cioè per la sua sopravvivenza! Fattorizzazione dei crediti, allungamento delle scadenze ai fornitori e altro sono solo temporanei e a spesso inutili e costosi palliativi. Paure e debiti: parliamone…
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