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COMUNICARE BENE TI CAMBIA LA VITA

PREMESSA

E’ proprio vero che comunicare bene ti cambia la vita? Le seguenti considerazioni sintetizzano un mio lavoro pubblicato recentemente in Italia a favore della comunità di medici e operatori sanitari ospedalieri (a cura del Centro di Bioetica Filèremo, Perugia) e sono state da me sintetizzate e riportate dalla rivista greca FARMAKEUTIKOS KOSMOS (Mondo Farmaceutico), nel numero di marzo 2017.

 

“FARE IL PROFESSIONISTA” E LE ABILITA’ RELAZIONALI

Molti sono i punti in comune con l’attività del farmacista, proprio sugli aspetti relazionali con i beneficiari dei servizi di tali figure professionali.

Infatti, nelle attività lavorative che hanno un diretto rapporto col pubblico, e nello specifico in farmacia, occorre imparare a “fare il professionista”: in passato le competenze e l’esperienza rappresentavano tutto ciò che serviva; oggi le abilità relazionali consentono di convogliare efficacemente questo “tutto” verso i naturali destinatari (cittadini, utenti, pazienti, clienti) e, se ben gestite, con reciproca soddisfazione.

Tra i miei interessi professionali c’è la comunicazione e la relazione con il cliente. Me ne occupo anche con gli studenti dell’ultimo anno della Scuola di Farmacia di Bologna, dove hanno compreso l’importanza di orientare i giovani verso aspetti gestionali e lavorativi di non secondaria importanza. Certo, ancora oggi qualcuno di essi non comprende appieno il significato di una disciplina che è propedeutica all’attività lavorativa, non certo subordinata ad essa; eppure, si riesce finalmente a scalfire una convinzione fatta di nozioni scientifiche e studi approfonditi che però rischiano di trascurare il “veicolo” con cui tanta professionalità dovrà essere messa al servizio della collettività: la comunicazione e le abilità relazionali.

Il fulcro della nostra osservazione è il cittadino, e ben sappiamo quanto oggi sia cresciuta la consapevolezza dei diritti personali al pari della capacità di informarsi e istruirsi. Costui è sempre più abituato a chiedere, informarsi, pretendere, osservare. Cultura, consapevolezza di sé e mezzi -internet in primis, ma non dimentichiamo il sempre efficace passaparola- fanno di costui non più un fruitore passivo di un complesso di servizi, ma un vero e proprio attore nella realtà che lo circonda e che lo riguarda.

 

IL CLIENTE NON HA SEMPRE RAGIONE

A causa di questa sua accresciuta consapevolezza, ma anche a sfatare un luogo comune che ci spinge a ripetere in modo acritico come il cliente abbia sempre ragione, che non condivido, dobbiamo al contempo accettare l’idea che, in ogni caso, il cliente vada sempre ascoltato. E sottolineo “sempre” perché, senza la comprensione del punto di vista altrui non si genera armonia, che è il vero risultato di una comunicazione efficace. Comprensione anche in assenza di condivisione, si badi bene, proprio perché non è detto che il cliente abbia sempre ragione o abbia sempre compreso ciò che gli viene detto.

 

LE FONDAMENTA DI UNA CORRETTA RELAZIONE INTERPERSONALE

Ma quali sono le fondamenta per una corretta relazione interpersonale? Per necessità di sintesi, permettetemi un decalogo di assunti essenziali sulla comunicazione, elementari ma spesso disattesi:

  1. comunicare è una imprescindibile capacità umana, indipendente dalla cultura in cui si è immersi e dall’istruzione ricevuta;
  2. saper comunicare è una indubbia misura del successo personale;
  3. il nostro cervello sarebbe sicuramente depotenziato senza il linguaggio e la naturale dote comunicativa dell’uomo;
  4. abbiamo tutto il nostro tempo a disposizione per migliorarci in tal senso, senza toglierlo ad altre attività quotidiane;
  5. comunicare significa relazionarci col mondo attraverso tutti e cinque i nostri sensi;
  6. la comunicazione verbale è di valore quasi insignificante rispetto alla comunicazione paraverbale e non verbale, decisamente più ricche di sfumature: lo sanno bene gli attori, costretti a “calarsi” nel personaggio che interpretano;
  7. più che il parlare, ascoltare e osservare sono le qualità essenziali con cui nasciamo e cresciamo, imparando così anche a parlare: proviamo a star zitti per un giorno e a non udire o non vedere per un altro, e chiediamoci in quale ipotesi abbiamo avvertito maggior disagio;
  8. l’efficacia comunicativa è direttamente correlata ai nostri atteggiamenti, più che alle condizioni esterne. Per mettere gli altri al centro dei nostri interessi occorre un solo “integratore”: l’empatia;
  9. se vogliamo relazionarci bene con gli altri dobbiamo avere un’equilibrata relazione con noi stessi;
  10. la comunicazione, in qualsiasi forma, genera un’alterazione positiva o negativa dello stato emotivo del nostro interlocutore.

Ne possiamo dedurre che sappiamo così tanto sulla comunicazione, eppure investiamo relativamente poco tempo e poca attenzione nel migliorare le nostre capacità comunicative! Eppure, l’informazione in farmacia non è efficace senza una corretta abilità comunicativa interpersonale.

 

BISOGNI ESPLICITI E BISOGNI IMPLICITI

Infatti, proviamo a chiederci: colui che ha bisogno, di cosa ha effettivamente bisogno? Infatti, ai bisogni espliciti -la richiesta di guarigione o di un prodotto- si intramezzano i bisogni impliciti -il capire cosa stia succedendo e cosa succederà; ma anche l’essere compresi, ascoltati, rincuorati-, che appartengono all’essere umano in quanto tale e non solo al cittadino che diviene paziente o cliente in farmacia. In realtà, un’adeguata preparazione professionale svincolata da un approccio empatico verso il cliente rende autoreferenziale il farmacista e questo non aiuta la relazione.

 

L’ASCOLTO

D’altronde, anche la comunicazione più accurata non raggiunge lo scopo se non vi è alla base disponibilità all’ascolto. E l’ascolto è una qualità rara, che va coltivata sin da bambini e da ragazzi, in una età che ci vede istintivamente dotati di empatia, un ingrediente fondamentale della natura umana. E comunicare senza empatia è impossibile; possiamo parlare e sentire le voci altrui, ma senza empatia mai metteremmo al centro dei nostri interessi l’essere umano che ci sta di fronte, le sue ansie, le sue opinioni, il suo modo di vivere la malattia o il disagio o un qualsiasi bisogno. Dimostriamo che siamo interessati a chi è di fronte: non serve più tempo, non serve pazienza, non serve competenza, non servono parole difficili… Ne abbiamo sinceramente voglia? Perché in certi luoghi ci fanno sentire dei numeri, mentre con il panettiere sotto casa è un piacere averci a che fare? Cosa cambia? Non certo il tempo della relazione, bensì l’approccio! Il farmacista ha davanti a sé una persona e non una diagnosi o una terapia. Sempre.

 

COME CI SI SENTE A STARE CON ME?

Le persone si dimenticheranno ciò che hai detto e ciò che hai fatto, ma non si dimenticheranno mai come le hai fatte sentire (Maya Angelou). Ecco, dovremmo sempre porci una domanda essenziale: “Come ci si sente a stare con me?”. Vale al lavoro e vale in famiglia, qualsiasi ruolo sociale ricopriamo. E l’affidabilità, una delle caratteristiche fondamentali dell’essere umano, non si basa esclusivamente sulla conoscenza ma su un assunto estremamente semplice che risponde ad un altro interrogativo fondamentale: “Posso contare su di te?”.

 

GLI ATTEGGIAMENTI

Ma quali atteggiamenti personali favoriscono una corretta comunicazione? All’empatia aggiungerei sicuramente la fiducia, la diplomazia, la sicurezza, la stabilità emotiva,… Mi viene spesso posta la domanda su come stabilire una corretta/efficace comunicazione. Per quanto mi riguarda, sostengo sempre l’idea di sostituire nei nostri dialoghi un’affermazione con una domanda. Un punto esclamativo con un punto interrogativo. Ma, come fare domande? Non di certo stiamo parlando di dati quantitativi -peso, età,…-, se il paziente sia o meno un fumatore. Si tratterebbe di domande “chiuse”, che non aiuterebbero l’interlocutore a raccontarsi e tutto il dialogo si tramuterebbe in una sorta di interrogatorio fatto di risposte ridotte all’essenziale: “si”, “no”, riscontri numerici per la racconta di informazioni e di dati, pur necessari. Invito tutti, invece, a utilizzare termini del tipo “perché…?”, “quando…?”, “come…?”, “cosa…?”, “dove…?”, “chi…?”: ciascuno potrà così riscontrare quanta voglia ha la gente di essere ascoltata. L’ascolto è merce rara; l’ascolto ci rende benvenuti ovunque. Allora è proprio vero: comunicare bene ti cambia la vita!

 

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