PREMESSA
Chi ha e chi dà: eccovi serviti 27 pensierini malvagi! Il forte (razza rara, ma nient’affatto in via d’estinzione) non vuole vincere, desidera ardentemente stravincere sul debole (la massa). E si aiuta artefacendo il racconto della realtà, nutrendo la massa, appunto, così come vuole che cresca…
27 PENSIERINI MALVAGI
Diceva Pirandello in Uno, nessuno e centomila: Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti. Ma la gente di un certo livello non può bersi il cervello! Perciò seguono brevi considerazioni su aspetti sociali attorno ai quali sembra che nessuno abbia risposte o coraggio per affrontarli. Il motivo forse è lampante: si tratta di problematiche di vasta portata che necessitano di grande coesione attorno a principi rifondanti la società che viviamo. Non solo la politica, ma ciascuno di noi dev’essere portatore di cambiamento, per se stesso e per le future generazioni; e se ci sono problemi universali, è pur vero che la responsabilità individuale può fare qualcosa per quanto è alla nostra portata. Ma in un mondo fatto di individualismi, opportunismi ed egocentrismi, mi sembra giusto nutrire non pochi dubbi su soluzioni nel breve-medio termine…
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Ai poveri si toglie la previdenza e si riduce l’assistenza, mentre i ricchi possono farne a meno.
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Ai giovani si toglie futuro, mentre ai vecchi lo si garantisce. Ma sono i giovani in grado di generare benessere per tutti, e futuro significa diritto di autorealizzazione secondo i desideri e le attitudini personali.
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Se il P.I.L. cresce e ci sono sempre più poveri, è perché ci sono sempre più ricchi che assorbono in ogni modo la ricchezza prodotta. I poveri interessano in quanto consumatori. Viviamo, infatti, un vero e proprio assalto al portafogli delle famiglie.
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La globalizzazione richiede sempre più capacità e disponibilità personali, a rendimenti decrescenti, rispetto alle posizioni di rendita di chi ha vissuto nel passato.
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L’efficientismo aziendale ha sempre reso uomini come macchine, oggi col trucco della motivazione.
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La politica non c’è, semplicemente perché mancano politici lungimiranti, servitori della collettività e capaci di stare di fronte ai poteri forti.
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Il mondo si è finanziarizzato, a tutti gli altri vanno le briciole. E nessuno intende regolamentare in modo trasparente il sistema. Non ci sono più crisi economiche, solo crisi finanziarie: oggi, e ancor più in futuro.
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Chi ha più responsabilità guadagna anche quando non raggiunge risultati, a differenza di chi ne ha meno, che però rischia il posto di lavoro.
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La scuola pubblica è impoverita, la scuola privata di qualità resta un privilegio per pochi.
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La televisione alimenta l’ignoranza: le masse che non pensano si controllano meglio.
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Paradossalmente, nel mondo del villaggio globale le differenze geografiche si sottolineano e si acuiscono, dimenticandosi la storia.
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I valori intangibili (immagine, abilità relazionali,…) e progettati a tavolino prevalgono, ma si dimenticano i valori millenari e reali (famiglia, rispetto, lealtà, onestà, onore,…).
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Il potere decisionale e i mercati si accentrano sempre più e questo ha effetti su sempre più persone. Chi sbaglia danneggia sempre più tanta gente.
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La complessità del mondo la si affronta con riforme legislative univocamente applicabili, non attraverso la regolamentazione di ogni aspetto della vita umana. Regolamentare tutto va a discapito dei più piccoli, che hanno minori risorse organizzative.
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Tutti possono e devono contribuire allo sviluppo economico e sociale, ma i privilegi e le disuguaglianze lo bloccano. Occuparsi di espansione, senza risolvere preliminarmente questi due aspetti, è una chimera, perché tali malanni non si superano attraverso lo sviluppo che, al contrario, li acuisce sempre più.
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Il futuro non è dei robot, ma delle persone che sapranno realizzarli.
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Si rende omogenea la cultura del cibo, affinché poche aziende possano obbligarci a mangiare quello che desiderano produrre.
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L’utilizzo della lingua inglese nel parlato corrente non è una necessità, è una forma larvata di colonialismo che si assorbe inconsapevolmente nelle nostre abitudini sotto le mentite spoglie dello stare al passo coi tempi.
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La cultura fa paura: esercita il pensiero critico e obbliga ad avere idee. Chi ha idee non ubbidisce silente.
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In un mondo dove le opportunità non sono più concentrate in poche aree, l’emigrazione è un concetto vecchio, sostituito dalla mobilità; fisica o virtuale. I consapevoli sono ancora una minoranza, mentre le masse popolari vengono distratte, nutrite di odio verso altre masse popolari.
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La pubblica amministrazione è corrotta e frammentata, sembra fatta apposta per i corruttori mentre a tutti gli altri tocca affrontarne i labirinti, che ne giustificano l’astrusità.
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La flessibilità non è la precarietà, ma a parlare di quest’ultima spesso sono i flessibili (una minoranza) e non i precari (la maggioranza).
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Le carriere professionali spesso non dipendono dalla flessibilità, ma dalle relazioni.
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La concorrenza è la guerra tra poveri. I ricchi utilizzano altre strade per i propri obiettivi.
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Viviamo in un mondo in cui paura e insicurezza abbondano, perché vengono astutamente alimentate attraverso la disinformazione. Sono gli strumenti per dominare la gente, ed è più facile utilizzarle che nel medioevo.
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Siamo passati da un’educazione completamente regolata, sino al matrimonio per i maschi e per tutta la vita per le donne, ad una completamente senza regole: la libertà, però, sta uccidendo se stessa trasformandosi in mera sensazione di libertà.
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Il successo di una persona dice ben poco delle cause della sua storia. Ciò che viene raccontato spesso è solo una favola a lieto fine. E comportandoci come tanti burattini, ci insegnano ad imitare le persone di successo sfruttando la vana speranza di gloria insita in ogni essere umano.
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