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30 giugno 2024: 40 anni di laurea

Una data per sempre

30 giugno 1984, il mio giorno di laurea: una di quelle date che si fissano indelebilmente nella testa di un individuo. Scendere le scale della facoltà di economia e commercio nel giorno della tesi per non risalirle mai più, non immaginando che di scale ne avrei dovute fare ancora tantissime e non sempre piacevoli o desiderate, ininterrottamente sino ad oggi.

 

Sono passati 40 anni dalla laurea e cosa è successo?

Tre lavori a tempo indeterminato da dipendente (due pubblici), da cui mi sono dimesso di volta in volta volontariamente; un’attività libero professionale che nel tempo è stata rivoltata come un calzino prima di metà percorso; diciannove libri pubblicati; un incarico ormai decennale presso l’università di Bologna; la fondazione di una piccola azienda che ha materializzato una famiglia di servizi consulenziali nati praticamente dal nulla, ascoltando semplicemente i bisogni di un mercato di cui vent’anni fa non sapevo assolutamente niente.

 

Sono passati 40 anni dalla laurea e cosa mi è rimasto?

Ciò che ho dimenticato: quasi tutto quello che era codificato in una prova d’esame. E se non l’ho dimenticato… beh, è diventato obsoleto (anche piuttosto velocemente, senza necessità di far trascorrere i decenni!). Ma soprattutto ho dimenticato di essere uno, sempre coerente con me stesso.

Ciò che ho appreso: la voglia di affrontare le sfide, la perseveranza nel raggiungere anche piccoli obiettivi, la flessibilità e l’apertura mentale che distruggono i pregiudizi, la curiosità verso il nuovo, la capacità di entrare in relazione con la gente. Ho capito che gli altri mi apprezzano più per le mie narrazioni (devi avere il tempo di vivere le tue esperienze, più che saperle comunicare) che per quello che so fare: in effetti, l’esperienza vince sempre sulla conoscenza. Ho appreso di essere diventato tanti e differenti Peppe Salvato, di volta in volta coerente con le specifiche situazioni vissute.

 

Sono passati 40 anni dalla laurea e cosa mi dà ancora tanta energia? Per fare cosa?

L’idea che le conoscenze professionali servano a poco, se non si sa proporle ad un target specifico (all’interlocutore corretto, nel lavoro da dipendente), non deve giustificare la deriva attuale dove molti sanno parlare (e le moderne tecnologie hanno favorito tanti “strilloni” del web) senza offrire un’autentica e solida professionalità. I risultati sono il frutto del lavoro post e non pre-vendita.

La professionalità è connaturata nei valori in cui credo fermamente e gli anni non passano invano: sono umilmente consapevole che dovrò impegnarmi ancora di più e dovrò crescere nel portare più efficacemente le mie idee a chi posso effettivamente essere d’aiuto: non sono tuttologo, non sono capace di tutto, non vado bene a tutti. Lavoro per il piacere di risolvere problemi, non necessariamente per denaro (anche se il denaro mi è stato necessario in molti momenti della mia esistenza e tutt’ora lo è). Voglio però rappresentare un’esperienza utile e d’impatto per chi mi conosce e mi dà fiducia. È la promessa che faccio oggi a me stesso: sarò ancora più attento nello scegliermi i clienti con cui condividere i sogni!

 

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